IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
   Visti gli atti del procedimento sopra rubricato  nei  confronti  di
 Biella  Sergio,  nato  a Agrate Brianza il  9 novembre 1945 e Massini
 Enzo, nato a Milano il  27  settembre  1962,  per  il  reato  di  cui
 all'art.  3.2, legge  n. 516/1982, art. 8, legge n. 4/1929 e art. 110
 c.p.;
                             O s s e r v a
   Il  p.m.,  con  richiesta  presentata  al  giudice  delle  indagini
 preliminari in data 15 gennaio  1998,  richiedeva    l'emissione  del
 decreto  penale  di  condanna nei confronti dei succitati imputati in
 relazione al reato di omessa annotazione  nell'apposito  registro  di
 numerosi stampati per la compilazione di ricevute fiscali.
   La  richiesta  si fondava esclusivamente sugli esiti della verifica
 fiscale  compiuta  dalla  Guardia  di  finanza  di  Milano,  trasfusi
 nell'informativa   di  reato  del  9  dicembre  1997,  nonche'  sulla
 documentazione acquisita in copia nel corso della medesima verifica.
   Nel  corso  delle  indagini  preliminari  il  p.m.  non   procedeva
 all'interrogatorio  degli  imputati, ne' notificava ai medesimi alcun
 invito a presentarsi a cio' finalizzato.
   L'interrogatorio dell'imputato effettivamente  non  rientra  tra  i
 requisiti  legittimanti  l'emissione  del decreto penale di condanna,
 come individuati dagli artt. 459 e ss. c.p.p. e pertanto la richiesta
 del p.m. deve ritenersi formalmente accoglibile, qualora il giudce la
 dovesse ritenere fondata nel merito.
   Deve, per altro  verso,  evidenziarsi  che  la  mancata  previsione
 dell'obbligo  di  procedere  all'interrogatorio  dell'imputato  prima
 dell'esercizio dell'azione penale, attraverso la presentazione  della
 richiesta  di  emissione  del decreto penale di condanna, suscita non
 poche perplessita' circa la compatibilita' dell'art. 459 c.p.p. con i
 principi sanciti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Infatti, attraverso la legge 16 luglio 1997, n. 234 si  e'  operata
 una significativa modifica dell'ordinamento processuale, introducendo
 -  sotto  la  sanzione  della  nullita'  della  relativa  richiesta -
 l'obbligo per il p.m. di procedere  all'interrogatorio  dell'indagato
 (o quantomeno alla notifica allo stesso dell'invito a presentarsi per
 renderlo),  prima  di  richiedere al g.i.p. il suo rinvio a giudizio,
 con cio' assimilando il  procedimento  ordinario  a  quello  speciale
 contemplato  dagli  artt.  453  e ss. c.p.p., che gia' prevedeva tale
 adempimento come presupposto di legittimita' del decreto di  giudizio
 immediato  emesso  dal  g.i.p.  su richiesta del p.m. (salvo il caso,
 invece, del giudizio immediato richiesto dall'imputato ex art.  419.5
 c.p.p.,  ipotesi  che peraltro presuppone la notifica della richiesta
 di  rinvio  a  giudizio,  a  sua  volta  preceduta,  ora,  quantomeno
 dall'invito  a  presentarsi notificato all'indagato); in seguito alla
 novella legislativa l'assetto dell'ordinamento,  che  originariamente
 prevedeva  l'obbligo  di  interrogatorio  come  eccezione,  e' mutato
 radicalmente, registrandosi la chiara intenzione del  legislatore  di
 impedire  l'esercizio  dell'azione  penale inaudita altera parte, nel
 tentativo di dare piu'  concreta  attuazione  al  diritto  di  difesa
 costituzionalmente   garantito;   non   puo'   a   questo  punto  non
 evidenziarsi come la mancata previsioine di analogo obbligo anche nel
 caso del decreto penale di condanna contrasti  con  il  principio  di
 eguaglianza  del  cittadino  davanti alla legge e con il diritto alla
 difesa del medesimo, tanto piu' se si pensa come  tale  provvedimento
 presenta contenuto ben piu' intenso del decreto di giudizio immediato
 o  di  quello  che  dispone  il  giudizio,  atteso  che attraverso il
 medesimo viene irrogata una pena; l'irrazionalita'  e  illegittimita'
 della  scelta legislativa appare tanto piu' evidente, poi, laddove si
 noti come per il medesimo reato la  scelta  di  optare  per  il  rito
 ordinario  o  quello  immediato,  garantiti,  ovvero  per  quello per
 decreto, non garantito, sia rimessa - in costanza dei presupposti  di
 legge per l'adozione dei provvedimenti speciali - eslcusivamente alla
 discrezionalita'  del  p.m. che potra' dunque legittimamente ottenere
 addirittura  la  condanna  dell'imputato,  aggirando   l'obbligo   di
 contestargli  preventivamente le accuse e di acquisirne eventualmente
 le difese, a nulla rilevando che la stabilita'  del  decreto  dipenda
 esclusivamente    dalla    mancata    opposizione    dell'interessato
 (annotandosi tra l'altro come l'opposizione  senza  opzioni  speciali
 ingenera   l'obbligo   dell'emissione   di  un  decreto  di  giudizio
 immediato,  che  -  unico  caso  oramai   -   non   sara'   preceduto
 dall'interrogatorio  dell'imputato,  atteso quanto sopra osservato in
 relazione a quello emesso ai sensi dell'art. 419 c.p.p.), stante  che
 comunque  la  decisione  del giudice sulla richiesta di emissione del
 decreto sopravverra' senza che quest'ultimo sia  stato  in  grado  di
 valutare  le  obiezioni  dell'imputato  all'accusa (d'altra parte non
 puo' non tenersi conto del fatto che spesso i ristretti  termini  per
 l'opposizione  garantiscono esclusivamente una conoscenza formale, ma
 non sostanziale del decreto di condanna).
   Deve  pertanto  ritenersi,  oltre  alla  evidente  rilevanza  della
 questione  nel  presente procedimento, la non  manifesta infondatezza
 della stessa,  profilandosi  la  violazione  dei  succitati  principi
 costituzionali per i motivi  suesposti.